lunedì 1 luglio 2013

L'hashish fantasma

Vico aveva deciso di farla finita con le canne. Era stato un grande estimatore di hashish e marijuana per tanto tempo, ne aveva ottenuto gioie, momenti di felice condivisione con gli amici e momenti di relax musicali. Gli piaceva persino l'odore che l'hashish scaldato gli lasciava sulle mani. Però ormai era giunto a un'età in cui si mette la testa a posto e per questo non voleva più battere i vecchi sentieri. Salutò teatralmente il suo pusher di fiducia, che all'inizio pensava scherzasse; poi vide la sua espressione seria e s'incupì: lo abbracciò e ricambiò il saluto teatrale. Con le ultime cime di maria si presentò dalla sua cricca declamando che quello sarebbe stato l'ultimo spinello in compagnia. Tutti risero. Poi videro che tirava in silenzio, con lo sguardo rivolto verso il basso, e si fecero tristi pure loro. Fu un'ultima canna molto intensa. Vico spense il filtro e se ne andò senza salutare.
Un po' gli dispiaceva smettere di drogarsi, di non provare più quella sensazione eterea che lo estraniava da tutto, ma c'era un limite anche a quello. E quando si riprese dallo sballo era più convinto di prima. La mattina dopo rinunciare al trono mattutino un po' gli pesava, ma aveva fatto terra bruciata intorno, non aveva materia prima, in più aveva salutato tutti... che figura ci avrebbe fatto?.
Vivere da sobrio lo sorprese un po'... vedeva molte cose più chiaramente e cambiò idea su certe convinzioni che fino ad allora aveva granitiche. Cambiò abitudini, cambiò abbigliamento, bagnoschiuma, shampoo e sostituì la saponetta per le mani con un dosatore all'arancia.
Dopo un paio di settimane che era felicemente sobrio, cominciò a rannuvolarsi. Non ne comprendeva il motivo. Dentro sapeva di aver fatto la scelta giusta, però qualcosa non quadrava. vico aveva l'abitudine di annusare tutto quello che gli passava vicino, e in quel periodo quando si annusava le mani gli andava in corto circuito il cervello. Per qualche motivo le sue mani, a volte, sapevano ancora di hashish scaldato. Quando se ne rese conto si spaventò. Immaginò di avere una doppia vita, che non era riuscito a disfarsi del vizio, e la sua mente riusciva a distrarlo mentre di nascosto si drogava. Chiamò il vecchio pusher chiedendogli se lui stesso lo avesse contattato, e quello, nel rispondergli di no pensò che la mancanza di sballo lo aveva fatto impazzire. Arrivò a pensare che Dio gli stava chiedendo di riprendere a fumare. Uscì in strada intontito, non sapendo cosa fare, si ritrovò davanti alla casa dell'amico che ospitava gli incontri fumerecci della cricca, stava per suonare il campanello quando un cane abbaiò, lo fece spaventare e rendere conto di quello che stava facendo. Scappò a gambe legate. Arrivato davanti casa sua si annusò le mani, e quelle non sapevano di hashish. Entrò, andò a lavarsi le mani, e si mise davanti al pc. Mandò qualche email, e sovrappensiero si annusò le dita. Sentì allora un profumo di arancia che scivolava quasi impercettibilmente verso quello di hashish. Allora realizzò. L'essenza all'arancia di quel sapone, combinata con l'odore degli oggetti che lui toccava, ricreavano, chissà perché, quello inconfondibile dell'hashish! E adesso cosa avrebbe fatto? Prima di tutto si fece una grassa risata liberatoria. Pensò all'ignobile scherzo che gli aveva fatto il caso. Poi andò a fumarsi una sigaretta, e a ogni tiro si annusò le mani, così, per ricordarsi dei vecchi tempi. Poi buttò il dosatore all'arancia e tornò alla vecchia cara saponetta.

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