Quando ero stanco
quando mi fermavo dal turbine dei pensieri
quando finalmente la mente
smetteva di vagare su strade sospese fra stella e stella
mi alzavo dal letto
oltrepassavo i soffitti sopra me
guardavo dall'alto il tetto della mia casa
poi la mia città
poi la regione
e sorvolavo la costa alzandomi sempre più
fino a vedere tutta la nazione sotto me
e il continente
e la terra
sfrecciavo fra le stelle
a velocità supersonica
potevo respirare
alte volte mi dirigevo verso un pianeta lontano
atterravo dolcemente
e facevo la conoscenza degli alieni che vi abitavano
e osservavo le strane costruzioni
e la particolare vegetazione
per passare poi a un altro pianeta
a nuovi alieni
altre volte mi allontanavo dolcemente dalla terra
e mi avvicinavo al sole
entravo nella sua atmosfera
poi dentro la stella
e lì trovavo finalmente la pace
lì sicuramente non sarebbe venuto nessuno
a cercarmi
mercoledì 31 luglio 2013
venerdì 19 luglio 2013
Carezze al mare
Si chinò ad accarezzare il mare.
Sembravano amici da lungo tempo.
Lei era lì, sulla riva; guardava il flusso e il riflusso del mare; un flusso arrivava fino ai suoi piedi sfiorandole le scarpe, lei allungava la mano e accarezzava quell’acqua.
Quel mare così immenso, sembrava diventare un cucciolo che abbassava la testa per essere accarezzato.
Lui era contento di aver trovato un’amica. Qualcuno che sapesse guardarlo e amarlo e parlasse con lui…
“Sono bellissimi gli occhi con cui mi guardi” disse il mare.
“Sono i tuoi movimenti e le tue tante gradazioni di colore che li rendono belli… il profumo che emani. Come sempre, mi lasci allibita”.
Disse il mare: ”Un tempo eravamo una sola cosa… e un giorno torneremo ad esserla…”
martedì 16 luglio 2013
In ascolto della musica
La musica entra dentro,
a volte chiede permesso
a volte irrompe
spazzando via le tue dighe.
La musica resta in attesa,
è lì, galleggia,
all'inizio non te ne accorgi,
ma poi sfascia tutti i tuoi pensieri,
all'improvviso,
e te li rinnova.
La prima canzone che hai ascoltato?
Che effetto ti ha fatto?
La musica sorregge l'impalcatura del mio giorno,
è il puntello che non fa crollare tutto,
la goccia di sostanza magica
che sconvolge il tempo,
lo rende scintillante,
lo rende ogni volta nuovo.
Cosa faresti senza musica?
Qual è quella che ti fa alzare il volume?
La musica migliore è quella che ti fa alzare il volume!
a volte chiede permesso
a volte irrompe
spazzando via le tue dighe.
La musica resta in attesa,
è lì, galleggia,
all'inizio non te ne accorgi,
ma poi sfascia tutti i tuoi pensieri,
all'improvviso,
e te li rinnova.
La prima canzone che hai ascoltato?
Che effetto ti ha fatto?
La musica sorregge l'impalcatura del mio giorno,
è il puntello che non fa crollare tutto,
la goccia di sostanza magica
che sconvolge il tempo,
lo rende scintillante,
lo rende ogni volta nuovo.
Cosa faresti senza musica?
Qual è quella che ti fa alzare il volume?
La musica migliore è quella che ti fa alzare il volume!
domenica 14 luglio 2013
Ode A Kurt
Una foglia
Sostiene le gocce
D’acqua
La condizione
D’assoluta
Purezza
Scorre su
Corde di
Chitarra
E su corde
Vocali
Tirate a lucido
Una svisata
E’ un urlo inumano
Che parte dal cuore
Umano
E punta dritto
Al cuore di Dio.
Sostiene le gocce
D’acqua
La condizione
D’assoluta
Purezza
Scorre su
Corde di
Chitarra
E su corde
Vocali
Tirate a lucido
Una svisata
E’ un urlo inumano
Che parte dal cuore
Umano
E punta dritto
Al cuore di Dio.
venerdì 12 luglio 2013
Vuoi la mia compagnia?
Voleva trovare una ragazza a tutti i costi.
Ogni volta che per strada incrociava una ragazza, dava uno sguardo generale e al viso in particolare per stabilire se gli sarebbe piaciuto passare tutta la vita con lei. Poi la ragazza passava e lui se la dimenticava. Gli bastava sapere che gli capitava di incrociare qualche ragazza che sarebbe potuta diventare la sua compagna per tirare avanti. Andava in qualche locale ogni tanto, guardava una ragazza, distoglieva lo sguardo, tornava a guardarla, la ragazza lo guardava a sua volta, ma subito lui si intimidiva e guardava altrove. Così gli capitava ogni volta, e non attaccava bottone con nessuna.
Un giorno suonò il campanello di casa una ragazza che voleva proporgli di passare alla sua compagnia per le bollette del gas. Lui la fece entrare circospetto, e mentre lei parlava lui cercava di figurarsi se lei gli avrebbe rinfacciato di premere il tubetto del dentifricio dal centro, o di lasciare la tavoletta del bagno alzata.
"Allora, l'ho convinta?" chiese la ragazza alla fine della sua dissertazione.
"Scusi ero distratto, può ripetere?"
La ragazza, un po' contrariata, ma conscia del fatto che se lui avesse accettato la sua proposta avrebbe guadagnato qualcosa, ricominciò la tiritera.
E intanto lui pensava se a lei sarebbe piaciuto farlo a luce accesa o a luce spenta. Sicuramente, pensò, quando partivano per le vacanze si sarebbe ricordata di chiudere il gas, e questo era un punto a suo favore, dato che lui se ne dimenticava sempre.
"Allora? accetta?" insisté la ragazza stremata dall'extra spiegazione.
"Accetto a un patto, che lei resti qui per cena!"
La ragazza non capì all'inizio e se lo fece ripetere. Quando fu sicura di aver capito declinò gentilmente la proposta della cena ma tornò alla carica con l'offerta, magnificando i grandiosi vantaggi di cui avrebbe goduto Giro.
"Ma se lei non mi offre la possibilità di conoscerla meglio" disse Giro, "come faccio a sapere se la sua offerta è valida o se sta cercando di fregarmi?"
"Ma io devo lavorare, devo fare parecchi altri giri..."
"L'aspetto... alle 20 qui da me..." insisté Giro.
La ragazza si guardò intorno. In fondo era un bell'appartamento, curato... il ragazzo che gli faceva la proposta non sembrava malintenzionato, stava un po' fra le nuvole, ma sembrava a posto.
Alla fine accettò, non tanto per 'vendere', quanto per curiosità.
Appena la ragazza fu uscita Giro entrò nel panico! Cosa aveva fatto? Aveva invitato una sconosciuta! E non gli piaceva neanche tanto. Era così preso dall'ossessione di trovare una ragazza che la prima che gli aveva parlato educatamente e dolcemente gli aveva fatto perdere la lucidità. In ogni caso si era impegnato a prepararle una cena. Pescò dalla sua libreria vari libri di ricette, ma era troppo agitato, nessuna gli sembrava buona. Uno spaghetto con le vongole? troppo laborioso. Una bistecca? Aveva mangiato carne la sera prima. Un branzino? Non sapeva cucinarlo. Una pasta ai peperoni? Non era stagione.
La ragazza arrivò alle 20 in punto.
"ciao, non mi hai neanche detto come ti chiami"
"Giro. E tu?"
"Piacere Sofia"
"Piacere. Hai convinto qualcuno oggi?"
"Una vecchietta che mi ha offerto una caramella stantia e che penso non abbia capito bene tutto quanto. tu invece hai caputo tutto, vero?"
"Sì sì, certo. Spero ti piacciano gli spaghetti ajo e ojo e peperoncino"
"Cos'è, non avevi niente in frigo?"
"Beh... è lunga da spiegare... ma se non ti va ti posso fare dei sofficini..."
"no, no.. va bene l'ajo e ojo..." Disse la ragazza posando la borsa sul tavolo.
Giro sparì in cucina. Sofia rimase un po' nell'ingresso, indecisa su dove andare. Alla fine andò in cucina a vedere cosa succedeva. Giro stava saltando gli spaghetti in padella coi condimenti. Poi riempì due piatti.
"Buoni questi spaghetti" disse Sofia mentre mangiava, "non sapevo che si potessero fare così bene".
Giro arrossì ma non aprì bocca.
Alla fine della cena, Sofia disse "Allora, Signor Mistero, si può sapere perché mi hai invitato se non cerchi di farmi ubriacare o di provarci con me".
"Ah! Il vino! ecco cosa mi ero scordato! E poi ti giuro che alla fine della cena ci avrei un po' provato... sì.. voglio dire... non è che...".
Sofia sorrise.
"Però se adesso me lo dici tu, non vale più..."
"Adesso devi passare alla mia compagnia..." disse Sofia.
"Ma sono già in tua compagnia..."
"La compagnia del gas intendevo!"
"E perché?"
"Era il patto no?"
"Ma sono cose che si dicono... e poi questo è un appartamento molto vecchio... ci abitava mio nonno fino all'anno scorso... l'ho rimesso un po' a posto ma ho ancora le bombole del gas sotto i fornelli, e il riscaldamento è a gasolio"
Sofia non ci credeva così Giro la fece verificare coi suoi occhi.
Effettivamente le cose stavano così... la ragazza si fece una grassa risata e diede un pugno sulla pancia a Giro, che si piegò in avanti senza fiato.
"Vabbè, mi hai fregato" disse Sofia, "ma almeno ci ho rimediato una cena".
Giro pensava che non era proprio più il caso di provarci, tanto più che Sofia proprio non lo attraeva. Invece lei si avvicinò e cercò di dargli un bacio sulle labbra. lui scostò il viso e il bacio si stampò sulla guancia.
"Ok, non è serata per me" disse fra sé sofia, e si sedette sconsolata sulla poltrona del salottino.
"Guarda," disse alla fine Giro, vedendola sconsolata, "stavo pensando di riammodernare tutto, e appena metto la caldaia e tutto il resto, prometto che ti chiamerò e sceglierò la tua compagnia".
Sofia ci pensò un po' su e poi disse: "Se mi inviti un'altra sera a cena ti svelo un segreto".
"Ci sto"
"La mia compagnia non esiste! stavo solo cercando di fregarti i soldi".
Ogni volta che per strada incrociava una ragazza, dava uno sguardo generale e al viso in particolare per stabilire se gli sarebbe piaciuto passare tutta la vita con lei. Poi la ragazza passava e lui se la dimenticava. Gli bastava sapere che gli capitava di incrociare qualche ragazza che sarebbe potuta diventare la sua compagna per tirare avanti. Andava in qualche locale ogni tanto, guardava una ragazza, distoglieva lo sguardo, tornava a guardarla, la ragazza lo guardava a sua volta, ma subito lui si intimidiva e guardava altrove. Così gli capitava ogni volta, e non attaccava bottone con nessuna.
Un giorno suonò il campanello di casa una ragazza che voleva proporgli di passare alla sua compagnia per le bollette del gas. Lui la fece entrare circospetto, e mentre lei parlava lui cercava di figurarsi se lei gli avrebbe rinfacciato di premere il tubetto del dentifricio dal centro, o di lasciare la tavoletta del bagno alzata.
"Allora, l'ho convinta?" chiese la ragazza alla fine della sua dissertazione.
"Scusi ero distratto, può ripetere?"
La ragazza, un po' contrariata, ma conscia del fatto che se lui avesse accettato la sua proposta avrebbe guadagnato qualcosa, ricominciò la tiritera.
E intanto lui pensava se a lei sarebbe piaciuto farlo a luce accesa o a luce spenta. Sicuramente, pensò, quando partivano per le vacanze si sarebbe ricordata di chiudere il gas, e questo era un punto a suo favore, dato che lui se ne dimenticava sempre.
"Allora? accetta?" insisté la ragazza stremata dall'extra spiegazione.
"Accetto a un patto, che lei resti qui per cena!"
La ragazza non capì all'inizio e se lo fece ripetere. Quando fu sicura di aver capito declinò gentilmente la proposta della cena ma tornò alla carica con l'offerta, magnificando i grandiosi vantaggi di cui avrebbe goduto Giro.
"Ma se lei non mi offre la possibilità di conoscerla meglio" disse Giro, "come faccio a sapere se la sua offerta è valida o se sta cercando di fregarmi?"
"Ma io devo lavorare, devo fare parecchi altri giri..."
"L'aspetto... alle 20 qui da me..." insisté Giro.
La ragazza si guardò intorno. In fondo era un bell'appartamento, curato... il ragazzo che gli faceva la proposta non sembrava malintenzionato, stava un po' fra le nuvole, ma sembrava a posto.
Alla fine accettò, non tanto per 'vendere', quanto per curiosità.
Appena la ragazza fu uscita Giro entrò nel panico! Cosa aveva fatto? Aveva invitato una sconosciuta! E non gli piaceva neanche tanto. Era così preso dall'ossessione di trovare una ragazza che la prima che gli aveva parlato educatamente e dolcemente gli aveva fatto perdere la lucidità. In ogni caso si era impegnato a prepararle una cena. Pescò dalla sua libreria vari libri di ricette, ma era troppo agitato, nessuna gli sembrava buona. Uno spaghetto con le vongole? troppo laborioso. Una bistecca? Aveva mangiato carne la sera prima. Un branzino? Non sapeva cucinarlo. Una pasta ai peperoni? Non era stagione.
La ragazza arrivò alle 20 in punto.
"ciao, non mi hai neanche detto come ti chiami"
"Giro. E tu?"
"Piacere Sofia"
"Piacere. Hai convinto qualcuno oggi?"
"Una vecchietta che mi ha offerto una caramella stantia e che penso non abbia capito bene tutto quanto. tu invece hai caputo tutto, vero?"
"Sì sì, certo. Spero ti piacciano gli spaghetti ajo e ojo e peperoncino"
"Cos'è, non avevi niente in frigo?"
"Beh... è lunga da spiegare... ma se non ti va ti posso fare dei sofficini..."
"no, no.. va bene l'ajo e ojo..." Disse la ragazza posando la borsa sul tavolo.
Giro sparì in cucina. Sofia rimase un po' nell'ingresso, indecisa su dove andare. Alla fine andò in cucina a vedere cosa succedeva. Giro stava saltando gli spaghetti in padella coi condimenti. Poi riempì due piatti.
"Buoni questi spaghetti" disse Sofia mentre mangiava, "non sapevo che si potessero fare così bene".
Giro arrossì ma non aprì bocca.
Alla fine della cena, Sofia disse "Allora, Signor Mistero, si può sapere perché mi hai invitato se non cerchi di farmi ubriacare o di provarci con me".
"Ah! Il vino! ecco cosa mi ero scordato! E poi ti giuro che alla fine della cena ci avrei un po' provato... sì.. voglio dire... non è che...".
Sofia sorrise.
"Però se adesso me lo dici tu, non vale più..."
"Adesso devi passare alla mia compagnia..." disse Sofia.
"Ma sono già in tua compagnia..."
"La compagnia del gas intendevo!"
"E perché?"
"Era il patto no?"
"Ma sono cose che si dicono... e poi questo è un appartamento molto vecchio... ci abitava mio nonno fino all'anno scorso... l'ho rimesso un po' a posto ma ho ancora le bombole del gas sotto i fornelli, e il riscaldamento è a gasolio"
Sofia non ci credeva così Giro la fece verificare coi suoi occhi.
Effettivamente le cose stavano così... la ragazza si fece una grassa risata e diede un pugno sulla pancia a Giro, che si piegò in avanti senza fiato.
"Vabbè, mi hai fregato" disse Sofia, "ma almeno ci ho rimediato una cena".
Giro pensava che non era proprio più il caso di provarci, tanto più che Sofia proprio non lo attraeva. Invece lei si avvicinò e cercò di dargli un bacio sulle labbra. lui scostò il viso e il bacio si stampò sulla guancia.
"Ok, non è serata per me" disse fra sé sofia, e si sedette sconsolata sulla poltrona del salottino.
"Guarda," disse alla fine Giro, vedendola sconsolata, "stavo pensando di riammodernare tutto, e appena metto la caldaia e tutto il resto, prometto che ti chiamerò e sceglierò la tua compagnia".
Sofia ci pensò un po' su e poi disse: "Se mi inviti un'altra sera a cena ti svelo un segreto".
"Ci sto"
"La mia compagnia non esiste! stavo solo cercando di fregarti i soldi".
martedì 9 luglio 2013
Entrano nelle gocce
Sopra il cielo ci sono i nostri pensieri di ieri
Quelli caldi, con l'amore dentro
Galleggiano un po'
E alcuni imbevono le nuvole di se stessi
Quelli che hanno bisogno di tornare giù
Scendono con la pioggia
Entrano nelle gocce che bagnano il fiore
Che un giorno ti porterò
Quelli caldi, con l'amore dentro
Galleggiano un po'
E alcuni imbevono le nuvole di se stessi
Quelli che hanno bisogno di tornare giù
Scendono con la pioggia
Entrano nelle gocce che bagnano il fiore
Che un giorno ti porterò
domenica 7 luglio 2013
Spirito nuovo
Lo spirito nuovo entrò nella penna dello scrittore
Lo spirito nuovo sanò la penna dello scrittore
Lo spirito nuovo guarì la pena dello scrittore
Un clamore nuovo salì dal profondo delle persone
Un clamore nuovo scosse il cuore delle persone
Il clamore nuovo spalancò gli occhi alle persone
Qualcosa di nuovo comparve sotto il sole
Schiarì il sole stesso che sembrò più lucente
Sconvolse il testo sacro che non fu più lo stesso
L'uovo d'uomo si schiuse
Il Dio del cielo l'aveva covato
Il Dio del cielo cercava di comunicare
Con l’uomo
Lo spirito d'uomo entrò nei cieli con fragore
Lo spirito d'uomo insegnò la vita ai cieli e al sole
Lo spiritò d'uomo versò umanità e amore nell'atmosfera e nell'anima del sole
Lo spirito nuovo sanò la penna dello scrittore
Lo spirito nuovo guarì la pena dello scrittore
Un clamore nuovo salì dal profondo delle persone
Un clamore nuovo scosse il cuore delle persone
Il clamore nuovo spalancò gli occhi alle persone
Qualcosa di nuovo comparve sotto il sole
Schiarì il sole stesso che sembrò più lucente
Sconvolse il testo sacro che non fu più lo stesso
L'uovo d'uomo si schiuse
Il Dio del cielo l'aveva covato
Il Dio del cielo cercava di comunicare
Con l’uomo
Lo spirito d'uomo entrò nei cieli con fragore
Lo spirito d'uomo insegnò la vita ai cieli e al sole
Lo spiritò d'uomo versò umanità e amore nell'atmosfera e nell'anima del sole
giovedì 4 luglio 2013
Grato
Grato partì una mattina senza avvertire nessuno. Andò all'aereoporto con l'idea di prendere il primo volo disponibile per qualunque posto fosse. Al quarto tentativo ebbe fortuna. Si dimenticò la destinazione subito dopo che la hostess di terra glielo aveva detto.
Si mise in coda al gate d'imbarco senza neanche curarsi di vedere i suoi futuri compagni di viaggio.
Nell'aereo si sedette nel posto a lui assegnato e si preparò al decollo. Come le altre volte sentì un misto di eccitazione e paura quando i motori diedero la spinta iniziale, e quando tutto intorno a lui si staccava da terra. Guardò dal finestrino per concentrarsi sulla magia dell'altezza, per distrarsi dalla paura.
Quando il segnale di cintura allacciata venne tolto si rilassò e attese con trepidazione che portassero qualcosa da mangiare o da bere. Dato che le hostess non davano segno di apprestarsi a servire alcunché, lasciò che il movimento tremolante dell'aereo lo cullasse fino a farlo appisolare. Fu svegliato da una ragazza che gli chiedeva se voleva il menu caldo o il menu freddo. Grande!, pensò, si mangia! A Grato piaceva molto l'idea di mangiare a un sacco di metri sopra la terra, e a differenza di quello che dicevano tutti, a lui piaceva anche il cibo. Scelse il menu caldo e per un po' se la scialò.
Dopo aver mangiato si rese conto che davanti al suo sedile c'era uno schermo e che di fianco a lui c'erano delle cuffie. Dev'essere un viaggio lungo, pensò. Ma diede alla cosa la minima importanza. Certo il pranzo in volo gli aveva dato una sferzata di entusiasmo, ma durò solo il tempo del pasto, perché era ripiombato nello stato di passività in cui era prima.
Non volle guardare cosa potesse offrire lo schermo. Si mise le cuffie e ascoltò un po' di musica a basso volume che lo trascinò di nuovo nel sonno. Lo svegliò dopo molto tempo una ragazza diversa da quella che lo aveva svegliato per il pranzo, dicendogli che doveva mettere le cinture perché stavano per atterrare.
Quando gli chiesero i documenti dopo l'atterraggio, dovettero farlo a gesti perché Grato non capiva la lingua. Era talmente immerso nel mondo tutto suo, in pensieri che si susseguivano quasi senza senso, che non si rese conto in che nazione si trovava, non si diede cura di scoprirlo almeno da come si vestiva la gente, o da che tipo di lingua parlava, lui di solito sempre attento a queste cose. Era come se avesse messo il pilota automatico.
Fuori dall'areoporto si incamminò a piedi. Era giorno e si sentiva molto stanco, ma nonostante questo voleva camminare, voleva camminare fino a perdere le forze, fino a perdere coscienza di se stesso. Camminò per ore, fino a quando non ce la fece più. Allora si lasciò cadere a terra così dove si trovava. Si svegliò per il freddo della notte. Notò un gruppo di persone sedute in cerchio intorno a sé. Di colpo realizzò perché si trovava lì, ma lo dimenticò subito. Quello che gli rimase di quel lampo era che era giusto che si trovasse lì. Come conseguenza volle un mondo di bene a quelle persone sedutesi lì intorno a lui.
Una di esse gli porse una bottiglia di plastica con un liquido verde dentro e gli fece segno di bere. Grato prese la bottiglia e bevve. Sapeva di menta e vaniglia. Guardò con più attenzione le persone che gli stavano intorno. Ognuna era vestita con uno stile diverso, chi con i pantaloni, chi con una veste lunga tutto il corpo, chi con una camicia, chi con una maglietta, chi con una gonna, chi con una salopette, chi con veli lunghi. Si soffermò sui visi. Alcuni erano molto scuri, altri un po' meno, altri ancora erano proprio chiari. Alcuni visi avevano occhi grandi, altri più piccoli, altri li avevano a mandorla. Una persona dal viso nocciola gli porse una bottiglia con un liquido rosa dentro. Grato bevve dalla bottiglia. Il sapore era buono però non sapeva dire cosa fosse. D'istinto passò la bottiglia a una persona diversa da quella che gliel'aveva porta e questa bevve e la passò al suo vicino.
Alcuni cominciarono a sussurrare qualche parola al vicino. Grato aguzzò le orecchie. Il prossimo cominciava a interessarlo più di quando era partito. Sicuramente commentavano il suo ultimo gesto.
Una donna dal viso scuro e gli occhi a mandorla dietro di lui attirò la sua attenzione con un verso delicato. Grato ruotò su se stesso per guardare la donna. Questa iniziò a fare dei gesti con le mani. Dato che lui non capiva, la donna li ripetè. Alla terza ripetizione Grato capì. La donna voleva sapere perché lui si trovava lì. Anche Grato dovette ripetere diverse volte i gesti delle mani prima che la donna capisse. Grato non se lo ricordava.
Si guardarono un po' negli occhi, poi la donna li distolse e guardò a terra. Grato smise anche lui di guardarla e guardò in alto. Il cielo nuvoloso sopra di loro stava a guardare quella strana riunione. Grato tornò a guardare le persone intorno a sé e sorrise. Gli altri lo guardarono con sospetto... non sa perché è qui, cos'ha da sorridere, si chiedevano... e si guardavano fra loro meravigliati. Poi un ragazzo dalla pelle chiara, con dei pantaloni e una camicia, sorrise guardando Grato. Un uomo dalla pelle nerissima vide il ragazzo che sorrideva, e sorrise anche lui, poi piano piano cominciò a ridere sommessamente. Il sospetto degli altri cambiò in curiosità. Alcuni guardarono negli occhi l'uomo dalla pelle nerissima e cominciarono anche loro a sorridere, e poi a ridere, finché tutte le persone raccolto intorno a Grato, e Grato stesso, esplosero in una fragorosa risata che spazzò via le nuvole.
Si mise in coda al gate d'imbarco senza neanche curarsi di vedere i suoi futuri compagni di viaggio.
Nell'aereo si sedette nel posto a lui assegnato e si preparò al decollo. Come le altre volte sentì un misto di eccitazione e paura quando i motori diedero la spinta iniziale, e quando tutto intorno a lui si staccava da terra. Guardò dal finestrino per concentrarsi sulla magia dell'altezza, per distrarsi dalla paura.
Quando il segnale di cintura allacciata venne tolto si rilassò e attese con trepidazione che portassero qualcosa da mangiare o da bere. Dato che le hostess non davano segno di apprestarsi a servire alcunché, lasciò che il movimento tremolante dell'aereo lo cullasse fino a farlo appisolare. Fu svegliato da una ragazza che gli chiedeva se voleva il menu caldo o il menu freddo. Grande!, pensò, si mangia! A Grato piaceva molto l'idea di mangiare a un sacco di metri sopra la terra, e a differenza di quello che dicevano tutti, a lui piaceva anche il cibo. Scelse il menu caldo e per un po' se la scialò.
Dopo aver mangiato si rese conto che davanti al suo sedile c'era uno schermo e che di fianco a lui c'erano delle cuffie. Dev'essere un viaggio lungo, pensò. Ma diede alla cosa la minima importanza. Certo il pranzo in volo gli aveva dato una sferzata di entusiasmo, ma durò solo il tempo del pasto, perché era ripiombato nello stato di passività in cui era prima.
Non volle guardare cosa potesse offrire lo schermo. Si mise le cuffie e ascoltò un po' di musica a basso volume che lo trascinò di nuovo nel sonno. Lo svegliò dopo molto tempo una ragazza diversa da quella che lo aveva svegliato per il pranzo, dicendogli che doveva mettere le cinture perché stavano per atterrare.
Quando gli chiesero i documenti dopo l'atterraggio, dovettero farlo a gesti perché Grato non capiva la lingua. Era talmente immerso nel mondo tutto suo, in pensieri che si susseguivano quasi senza senso, che non si rese conto in che nazione si trovava, non si diede cura di scoprirlo almeno da come si vestiva la gente, o da che tipo di lingua parlava, lui di solito sempre attento a queste cose. Era come se avesse messo il pilota automatico.
Fuori dall'areoporto si incamminò a piedi. Era giorno e si sentiva molto stanco, ma nonostante questo voleva camminare, voleva camminare fino a perdere le forze, fino a perdere coscienza di se stesso. Camminò per ore, fino a quando non ce la fece più. Allora si lasciò cadere a terra così dove si trovava. Si svegliò per il freddo della notte. Notò un gruppo di persone sedute in cerchio intorno a sé. Di colpo realizzò perché si trovava lì, ma lo dimenticò subito. Quello che gli rimase di quel lampo era che era giusto che si trovasse lì. Come conseguenza volle un mondo di bene a quelle persone sedutesi lì intorno a lui.
Una di esse gli porse una bottiglia di plastica con un liquido verde dentro e gli fece segno di bere. Grato prese la bottiglia e bevve. Sapeva di menta e vaniglia. Guardò con più attenzione le persone che gli stavano intorno. Ognuna era vestita con uno stile diverso, chi con i pantaloni, chi con una veste lunga tutto il corpo, chi con una camicia, chi con una maglietta, chi con una gonna, chi con una salopette, chi con veli lunghi. Si soffermò sui visi. Alcuni erano molto scuri, altri un po' meno, altri ancora erano proprio chiari. Alcuni visi avevano occhi grandi, altri più piccoli, altri li avevano a mandorla. Una persona dal viso nocciola gli porse una bottiglia con un liquido rosa dentro. Grato bevve dalla bottiglia. Il sapore era buono però non sapeva dire cosa fosse. D'istinto passò la bottiglia a una persona diversa da quella che gliel'aveva porta e questa bevve e la passò al suo vicino.
Alcuni cominciarono a sussurrare qualche parola al vicino. Grato aguzzò le orecchie. Il prossimo cominciava a interessarlo più di quando era partito. Sicuramente commentavano il suo ultimo gesto.
Una donna dal viso scuro e gli occhi a mandorla dietro di lui attirò la sua attenzione con un verso delicato. Grato ruotò su se stesso per guardare la donna. Questa iniziò a fare dei gesti con le mani. Dato che lui non capiva, la donna li ripetè. Alla terza ripetizione Grato capì. La donna voleva sapere perché lui si trovava lì. Anche Grato dovette ripetere diverse volte i gesti delle mani prima che la donna capisse. Grato non se lo ricordava.
Si guardarono un po' negli occhi, poi la donna li distolse e guardò a terra. Grato smise anche lui di guardarla e guardò in alto. Il cielo nuvoloso sopra di loro stava a guardare quella strana riunione. Grato tornò a guardare le persone intorno a sé e sorrise. Gli altri lo guardarono con sospetto... non sa perché è qui, cos'ha da sorridere, si chiedevano... e si guardavano fra loro meravigliati. Poi un ragazzo dalla pelle chiara, con dei pantaloni e una camicia, sorrise guardando Grato. Un uomo dalla pelle nerissima vide il ragazzo che sorrideva, e sorrise anche lui, poi piano piano cominciò a ridere sommessamente. Il sospetto degli altri cambiò in curiosità. Alcuni guardarono negli occhi l'uomo dalla pelle nerissima e cominciarono anche loro a sorridere, e poi a ridere, finché tutte le persone raccolto intorno a Grato, e Grato stesso, esplosero in una fragorosa risata che spazzò via le nuvole.
lunedì 1 luglio 2013
L'hashish fantasma
Vico aveva deciso di farla finita con le canne. Era stato un grande estimatore di hashish e marijuana per tanto tempo, ne aveva ottenuto gioie, momenti di felice condivisione con gli amici e momenti di relax musicali. Gli piaceva persino l'odore che l'hashish scaldato gli lasciava sulle mani. Però ormai era giunto a un'età in cui si mette la testa a posto e per questo non voleva più battere i vecchi sentieri. Salutò teatralmente il suo pusher di fiducia, che all'inizio pensava scherzasse; poi vide la sua espressione seria e s'incupì: lo abbracciò e ricambiò il saluto teatrale. Con le ultime cime di maria si presentò dalla sua cricca declamando che quello sarebbe stato l'ultimo spinello in compagnia. Tutti risero. Poi videro che tirava in silenzio, con lo sguardo rivolto verso il basso, e si fecero tristi pure loro. Fu un'ultima canna molto intensa. Vico spense il filtro e se ne andò senza salutare.
Un po' gli dispiaceva smettere di drogarsi, di non provare più quella sensazione eterea che lo estraniava da tutto, ma c'era un limite anche a quello. E quando si riprese dallo sballo era più convinto di prima. La mattina dopo rinunciare al trono mattutino un po' gli pesava, ma aveva fatto terra bruciata intorno, non aveva materia prima, in più aveva salutato tutti... che figura ci avrebbe fatto?.
Vivere da sobrio lo sorprese un po'... vedeva molte cose più chiaramente e cambiò idea su certe convinzioni che fino ad allora aveva granitiche. Cambiò abitudini, cambiò abbigliamento, bagnoschiuma, shampoo e sostituì la saponetta per le mani con un dosatore all'arancia.
Dopo un paio di settimane che era felicemente sobrio, cominciò a rannuvolarsi. Non ne comprendeva il motivo. Dentro sapeva di aver fatto la scelta giusta, però qualcosa non quadrava. vico aveva l'abitudine di annusare tutto quello che gli passava vicino, e in quel periodo quando si annusava le mani gli andava in corto circuito il cervello. Per qualche motivo le sue mani, a volte, sapevano ancora di hashish scaldato. Quando se ne rese conto si spaventò. Immaginò di avere una doppia vita, che non era riuscito a disfarsi del vizio, e la sua mente riusciva a distrarlo mentre di nascosto si drogava. Chiamò il vecchio pusher chiedendogli se lui stesso lo avesse contattato, e quello, nel rispondergli di no pensò che la mancanza di sballo lo aveva fatto impazzire. Arrivò a pensare che Dio gli stava chiedendo di riprendere a fumare. Uscì in strada intontito, non sapendo cosa fare, si ritrovò davanti alla casa dell'amico che ospitava gli incontri fumerecci della cricca, stava per suonare il campanello quando un cane abbaiò, lo fece spaventare e rendere conto di quello che stava facendo. Scappò a gambe legate. Arrivato davanti casa sua si annusò le mani, e quelle non sapevano di hashish. Entrò, andò a lavarsi le mani, e si mise davanti al pc. Mandò qualche email, e sovrappensiero si annusò le dita. Sentì allora un profumo di arancia che scivolava quasi impercettibilmente verso quello di hashish. Allora realizzò. L'essenza all'arancia di quel sapone, combinata con l'odore degli oggetti che lui toccava, ricreavano, chissà perché, quello inconfondibile dell'hashish! E adesso cosa avrebbe fatto? Prima di tutto si fece una grassa risata liberatoria. Pensò all'ignobile scherzo che gli aveva fatto il caso. Poi andò a fumarsi una sigaretta, e a ogni tiro si annusò le mani, così, per ricordarsi dei vecchi tempi. Poi buttò il dosatore all'arancia e tornò alla vecchia cara saponetta.
Un po' gli dispiaceva smettere di drogarsi, di non provare più quella sensazione eterea che lo estraniava da tutto, ma c'era un limite anche a quello. E quando si riprese dallo sballo era più convinto di prima. La mattina dopo rinunciare al trono mattutino un po' gli pesava, ma aveva fatto terra bruciata intorno, non aveva materia prima, in più aveva salutato tutti... che figura ci avrebbe fatto?.
Vivere da sobrio lo sorprese un po'... vedeva molte cose più chiaramente e cambiò idea su certe convinzioni che fino ad allora aveva granitiche. Cambiò abitudini, cambiò abbigliamento, bagnoschiuma, shampoo e sostituì la saponetta per le mani con un dosatore all'arancia.
Dopo un paio di settimane che era felicemente sobrio, cominciò a rannuvolarsi. Non ne comprendeva il motivo. Dentro sapeva di aver fatto la scelta giusta, però qualcosa non quadrava. vico aveva l'abitudine di annusare tutto quello che gli passava vicino, e in quel periodo quando si annusava le mani gli andava in corto circuito il cervello. Per qualche motivo le sue mani, a volte, sapevano ancora di hashish scaldato. Quando se ne rese conto si spaventò. Immaginò di avere una doppia vita, che non era riuscito a disfarsi del vizio, e la sua mente riusciva a distrarlo mentre di nascosto si drogava. Chiamò il vecchio pusher chiedendogli se lui stesso lo avesse contattato, e quello, nel rispondergli di no pensò che la mancanza di sballo lo aveva fatto impazzire. Arrivò a pensare che Dio gli stava chiedendo di riprendere a fumare. Uscì in strada intontito, non sapendo cosa fare, si ritrovò davanti alla casa dell'amico che ospitava gli incontri fumerecci della cricca, stava per suonare il campanello quando un cane abbaiò, lo fece spaventare e rendere conto di quello che stava facendo. Scappò a gambe legate. Arrivato davanti casa sua si annusò le mani, e quelle non sapevano di hashish. Entrò, andò a lavarsi le mani, e si mise davanti al pc. Mandò qualche email, e sovrappensiero si annusò le dita. Sentì allora un profumo di arancia che scivolava quasi impercettibilmente verso quello di hashish. Allora realizzò. L'essenza all'arancia di quel sapone, combinata con l'odore degli oggetti che lui toccava, ricreavano, chissà perché, quello inconfondibile dell'hashish! E adesso cosa avrebbe fatto? Prima di tutto si fece una grassa risata liberatoria. Pensò all'ignobile scherzo che gli aveva fatto il caso. Poi andò a fumarsi una sigaretta, e a ogni tiro si annusò le mani, così, per ricordarsi dei vecchi tempi. Poi buttò il dosatore all'arancia e tornò alla vecchia cara saponetta.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)